Sr. Fortunata Quascé
Con lei accanto, il Fondatore ha sognato (anche) noi
Nello snocciolarsi degli eventi che segnano i 150 anni dalla nostra fondazione come istituto missionario, risplende di particolare intensità carismatica la figura di Sr. Fortunata Quascè, della quale celebriamo oggi, sabato 9 aprile 2022, i 140 anni dalla sua Professione Religiosa come Pia Madre della Nigrizia. La felice cerimonia si svolse “con grande solennità” in El Obeid, luogo da Comboni ritenuto “la chiave” per aprire la porta della Nigrizia al Vangelo.
Correva l’anno 1882, e il 9 aprile di quell’anno cadeva nel bellissimo giorno della Pasqua di Resurrezione. Un giorno di grande festa, ma… non erano ancora passati 6 mesi da quando Monsignor Comboni aveva lasciato nel pianto e nello sgomento il piccolissimo gregge delle missionarie e dei missionari della prima ora. Fortunata era ancora Novizia quel 10 ottobre 1881, e nel giorno della sua Consacrazione a Dio avrà sofferto tantissimo la mancanza fisica e spirituale dell’amatissimo suo Padre e Fondatore.
Gli inizi di un grande sogno
I due si erano incontrati a Verona, presso il Collegio per bambine e bambini bisognosi che don Nicola Mazza aveva aperto in risposta alle grandi sfide del suo tempo. Daniele vi era arrivato da Limone sul Garda nel 1843, alla tenera età di 12 anni, Fortunata vi era arrivata dal Sudan nel 1853, alla tenerissima età di 8 anni. Lui portava con sé l’anelito di aprirsi a ciò che Verona gli offriva e che non era stato possibile trovare a Limone; lei portava con sé la resistenza indomita che l’aveva sempre mantenuta libera nonostante l’esperienza vissuta in prima persona del “saccheggio umano” che oggi conosciamo come Tratta di Persone.
La mano di Dio già era al lavoro per tessere in loro le Sue Meraviglie e, ambedue già erano stati marcati con il sigillo del Mistero che avrebbe portato all’Ora, per la quale sarebbero divenuti testimoni e protagonisti privilegiati.
Nel cuore del Continente Madre dell’umanità Comboni era arrivato la prima volta agli inizi del 1858 e l’incontro con i suoi popoli lo segnò indelebilmente per il resto dei suoi giorni. Rientrato nel settembre 1859 a Verona, il suo costante pensiero di missionario davvero apostolico era di capire meglio come facilitare la strada al Vangelo nel grande Vicariato dell’Africa Centrale. La prima breve esperienza di vita in Sudan l’aveva introdotto alla necessità di essere meglio preparati per assicurare un futuro alla crescita del Vangelo in quelle terre.
Di una cosa era divenuto già certo: non sarebbe ritornato senza “l’onnipotente ministero della donna cattolica, che in Africa è tutto”. Del resto, pure Don Mazza aveva già previsto l’essenziale presenza delle giovani africane che erano state accolte nel suo Collegio, e che voleva ritornassero accanto ai missionari per essere le evangelizzatrici a pieno titolo dell’Africa Centrale. Continua